// Il contenuto originale di questo articolo è apparso sul sito di FSC Brazil.
Le foreste del mondo sono nuovamente al centro del dibattito di media, politici e della nostra società – sfortunatamente, non per buoni motivi. Nelle ultime settimane, il tema ha guadagnato ancora più forza, attirando l’attenzione del mondo intero. Per quanto contraddittorio possa sembrare, è stato il fumo a farci vedere cosa succede da tempo in Amazzonia: un’area dove raramente gli incendi sono spontanei e dove si brucia, il più delle volte, per ripulire porzioni di foresta. L’Amazzonia è da sempre sotto i riflettori per l’importanza che ricopre come serbatoio di ossigeno e biodiversità, tanto da meritarsi il soprannome di “polmone verde”. La notizia sugli incendi è però esplosa a seguito della pubblicazione delle immagini di migliaia di roghi visibili dallo spazio (qui le foto dell’astronauta Luca Parmitano); poco tempo dopo, a 3.000 chilometri di distanza dalle aree interessate dal fuoco, il cielo di San Paolo è stato coperto da una nube nerastra che ha oscurato il sole.
È vero che l’aumento del tasso di deforestazione è direttamente correlato al crescente numero delle queimadas, che non fanno altro che peggiorare una situazione di per sé critica: il Brasile ha già terreni aperti e degradati che possono essere lavorati grazie a nuove tecniche di impianto e tecnologie all’avanguardia, in perfetta interazione con l’ambiente circostante: le foreste sono indispensabili all’agricoltura e ai suoi processi in quanto giocano un ruolo essenziale nel ciclo dell’acqua, nella conservazione del suolo e nella protezione della biodiversità. Quello che manca sono il supporto e gli investimenti. Quello che manca è un piano di gestione della risorsa nell’interesse di tutti, e non solo di pochi.
Ma le foreste del Sudamerica – e di molte altre parti del mondo – sono in pericolo anche a causa delle miniere, della carne che mangiamo e di ciò che acquistiamo. Tutti sappiamo che i prodotti che troviamo nei negozi possono avere un grosso impatto su comunità, ambiente e mercato. Così può succedere che una risma di fogli, o una sedia, possano arrivare da filiere di cui si conosce poco o nulla (circa il 30% del legno disponibile nel mercato deriva da attività illegali). Ecco perchè, ancora una volta, la gestione forestale responsabile è necessaria per garantire la salvaguardia di queste aree, preservandole da attività illegali, e sostenere value chain rispettose dell’ambiente, socialmente utili ed economicamente sostenibili.
Ben oltre la produzione di legno e carta, la gestione certificata garantisce i servizi naturali forestali quali acqua, stoccaggio del carbonio e biodiversità, rispettando allo stesso tempo il ciclo naturale della foresta. Potente strumento economico, è in grado di cambiare i livelli di sviluppo economico e sociale di migliaia di persone che vivono nella foresta, o che dipendono da essa per la propria sussistenza.
La difesa dell’Amazzonia, come di tutte le aree forestali del mondo, è dunque responsabilità di tutti noi: speriamo che, passato il fuoco, sia ora la volta della luce.