Viviamo in un Paese molto più forestale di Francia, Germania e Regno Unito: dagli anni ’60 ad oggi infatti, la superficie occupata da boschi in Italia è praticamente raddoppiata, passando dai circa 5,5 milioni di ettari censiti nel 1959 ai quasi 11 milioni del 2010 (un terzo della superficie del Paese); a questo aumento tuttavia sono corrisposti un progressivo abbandono delle aree boscate e la mancanza di strategie di governance di questa importante risorsa.
Troviamo così sempre più boschi carichi di biomassa legnosa non utilizzata (nonostante, per assurdo, l’Italia sia il primo importatore mondiale di biomasse legnose a uso energetico), e ciò li rende vulnerabili a vari pericoli, tra cui degrado e incendi. I dati del Corpo Forestale dello Stato riportano 15.828 ettari interessati dalle fiamme nel 2015 (di questi, circa 8.964 sono boscati), con un aumento di circa il 61% rispetto al 2014 ma in diminuzione del -51% rispetto alla media degli ultimi cinque anni.
“Una volta, azioni come iI diradamento, le ripuliture o il pascolo disciplinato erano una costante della relazione uomo-foresta, e facevano sì che il sottobosco fornisse meno materiale d’innesco per gli incendi; allo stesso tempo, la presenza attiva dell’agricoltore e del pastore era garanzia di un rapido intervento, qualora I’incendio scoppiasse” afferma Diego Florian, direttore di FSC Italia (www.fsc-italia.it), ONG che si occupa della promozione della gestione forestale responsabile.
“Nel ultimi sessant’anni i boschi in Italia hanno ripreso a crescere in maniera incontrollata, complici l’abbandono delle aree montane e politiche che hanno indebolito invece che sostenere questo settore: dobbiamo rimettere al centro del dibattito l’importanza del nostro patrimonio forestale, e lavorare per una maggiore e più condivisa ‘cultura delle foreste’”.
Una selezione di esperienze di gestione forestale responsabile in Italia e nel mondo.